top of page

Apologia di una lingua morta



Il latino: la grande sfida del liceo. Chi non si è mai ritrovato a tarda sera a sfogliare con le lacrime agli occhi il dizionario alla ricerca di quella parola che non si riesce a capire da dove provenga, o cosa ci faccia nella nostra versione? Perché dobbiamo perdere tempo a imparare le declinazioni a memoria, tutti i modi verbali, i verbi irregolari, i paradigmi, le eccezioni e, insomma, l’intera grammatica latina? Perché? Dicono che sia ginnastica mentale... Ma non sarebbe meglio andare in palestra? Alla fine il latino non lo parla più nessuno, se non qualche decrepito ecclesiastico isolato in Vaticano, con cui certo non avremo mai occasione né voglia di discorrere. E dunque?


Poi magari una volta capita di sentire una parola nuova, sia italiana che straniera, e subito capirne il significato e l’origine, cioè l’etimologia! Allora con grande soddisfazione torna immediatamente alla memoria quella versione o quei versi in cui si capisce il senso del termine. E quando chiedi ad un americano qualunque che cosa significhi “p.m.” e vedi nei suoi occhi un lampo di confusione quando snoccioli con serenità “post meridiem”, allora cominci a pensare che, forse, non è stato tutto tempo perso. Anzi capisci che c'è una bellezza dietro lo studio e la ripetizione.


Incontriamo il latino veramente in qualunque angolo della nostra quotidianità. Che cosa significa alibi, che tutti i sospettati dei racconti gialli fatti male tentano di dimostrare, se non un avverbio latino dal significato “altrove”? Similmente la parola relitto è semplicemente supino del verbo “relinquo” e non indica null’altro che ciò che viene lasciato indietro. Così anche deserto deriva dal verbo “desero”, abbandonare, il nostro carissimo cesso dal verbo “cedo”, distaccarsi. E ancora il desiderio indica la mancanza delle stelle (“de + sidera”), la parola pinguino pare derivare da “pinguis” che significa “grasso” (pinguino = il cicciottino!), e anche la parola horror deriva in realtà dal verbo “horreo” che indica il rizzarsi dei peli sulla pelle per il terrore.


E non solo l’italiano presenta tracce simili, ma anche molti degli anglicismi inseriti negli ultimi decenni nella lingua italiana, sono in realtà un revivial (da revivo, revivis) di termini latini. Mi riferisco a parole come tutor (che viene dal verbo deponente “tuor, tueris”, supportare), o a exit (deriva dal verbo “exeo”, uscire), o al supertecnologico termine (big) data (plurale di “datum”, dal verbo “do, das”) o infine a junior, appellativo utilizzatissimo in America, ma proprio del latino in quanto comparativo di “iuvenis”.


Insomma, la prossima volta che fate una lezione di latino, apprezzatela non come lingua morta, bensì immortale, capace di attraversare lo spazio e il tempo. Se ancora state studiando la grammatica, sappiate che sarete ripagati al triennio quando inizierete a leggere gli autori veri; se invece siete già al triennio, ricordate che questi autori, per quanto ostici e oscuri, vi vogliono comunicare qualcosa e lasciare un segno. Pensate infine che c’è gente molto più sfortunata di voi, immaginate dover studiare economia o diritto al posto di ascoltare gli insegnamenti e le storie di questo popolo apparentemente così lontano! E comunque, state tranquilli, dopo la maturità potrete dimenticare il vocabolario nella polvere della cantina.


Flavio Davide Borriello, 5°I


24 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page