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Le Cosmicomiche di Italo Calvino



Cosmicomiche, io ci ho messo qualche giorno per capire il titolo, Cosmicomiche. Calvino è come il lampredotto, o lo ami o lo odi. Personalmente il lampredotto non mi piace, lo odio proprio, ma Calvino mi piace molto, lo amo proprio, non che i due siano collegati, credo…

Allora, ho iniziato la lettura di quest'opera con la prima difficoltà riguardo il titolo e mi sono chiesta, "In che modo, ora, Calvino mi stupirà? Già il titolo mi suscita domande".

Cosmo + comico, ecco il lavoro di Calvino, un insieme di racconti anticipati da una teoria scientifica sulla formazione dell'universo, dove, però, la narrazione presenta una forte base comica.

Tuttavia, Calvino non vuole solo far ridere il pubblico, fa riflettere, ragionare. Sin da subito emerge una caratteristica interessante dell'opera, ovvero che ci sono vari livelli di lettura: il primo è più superficiale, si legge un racconto buffo con una sfumatura scientifica, invece il secondo è più profondo, ha quasi una funzione maieutica, in senso socratico.

Questo secondo livello è caratterizzato dalla parola "ricerca".

Qfwfq, (anche sulla scelta da parte dell'autore dei nomi si potrebbe discutere parecchio; perchè Calvino ha scelto un nome palindromo privo di vocali? Sinceramente non lo so, ho letto svariate critiche riguardo quest'opera ma nessuna fornisce una spiegazione esaustiva riguardo la scelta dei nomi) protagonista dell'opera, in ogni racconto osserva, scopre, cerca e insegue qualcosa e, spesso, il risultato della sua fatica è deludente, per i motivi più svariati.

Nel primo racconto, ad esempio, insegue la donna che ama, le prime pagine sono ricche di pathos, osserviamo le mosse del protagonista, sosteniamo la sua causa (Qfwfq riuscirà a conquistare questa donna?) e intanto siamo divertiti, perché la teoria scientifica che viene sostenuta ci sembra ridicola. Allora ecco che arriva l'apice del racconto, Qfwfq si trova da solo sulla luna con la donna amata, ci diciamo "Ce l'ha fatta", ci aspettiamo una bella storia romantica da film americano, dove la donna si rende conto di essere sempre stata innamorata di colui che con tanta fatica l'ha seguita e poi il lieto fine. Tuttavia, è a questo punto che Calvino ci tradisce, non ci presenta il finale che ci aspettiamo, che vorremmo. Il protagonista, infatti, inizia ad osservare la terra e viene sovrastato da un forte senso di nostalgia; capisce, quindi, che ciò che desidera veramente è tornare a casa.

A questo punto iniziano le domande. Perchè Qfwfq non è soddisfatto? Che cosa desidera davvero? Una volta tornato sulla terra tutti i suoi desideri saranno appagati? Si può essere appagati?

Sinceramente non mi sbilancio con una risposta, ci sono i filosofi o, per chi vuole, i teologi per questo.

Questo racconto, però, non è quello che mi ha toccato più di tutti. In realtà quello che più mi ha suscitato domande si intitola Un segno nello spazio, nel quale il protagonista si trova nella Via Lattea, sul Sole, e non è ben chiaro chi o che cosa sia, sappiamo solo il suo nome, Qfwfq, che si trova lì, da solo, in un universo dove esiste poco e nulla, senza neanche sapere chi è, una situazione assurda, quasi angosciante. Egli, allora, cerca un punto di riferimento, il tempo. Pertanto, Qfwfq lascia un segno, il primo segno di tale galassia, per capire quanti milioni di anni avrebbe impiegato ad incontrare nuovamente quel luogo. Gli anni passano e il protagonista inizia ad avere dei dubbi sul suo segno, non si ricorda tutti i particolari di esso, prova ad immaginarselo, non è convinto, ci sono molte possibilità. Aveva quel particolare oppure no? Non lo sa. Egli, però, è sicuro di poterlo riconoscere, certamente lo riconoscerà, d'altronde è il suo segno. Tuttavia, quando Qfwfq ripassa in quel punto, si accorge che esso è stato cancellato e, a questo punto, ipotizza che sia opera di Kgwgk, che si trova su un altro sistema planetario, spinto da invidia a compiere quel gesto. Allora il protagonista decide di fare un altro segno, che, però, col passare del tempo inizia a disprezzare. Forse quel segno non è abbastanza moderno, i tempi cambiano in fretta, il primo segno era sicuramente migliore, quest'altro è quasi ridicolo, e Kgwgk ne riderà. Questi pensieri spingono Qfwfq a cancellare tale segno, un respiro di sollievo, si sente soddisfatto della sua scelta perché quel suo rivale non lo aveva visto. Intanto, in molti hanno imitato il suo gesto e ora l'universo, da com'era, privo di qualsiasi deformazione da parte di esterni, è pieno di segni. Qfwfq inizia allora a fare segni falsi, che, poi, vengono cancellati da Kgwgk e da ciò nasce una sorta di rapporto tra i due, uno segna e l'altro cancella, quasi fossero due amici che si fanno i dispetti. Un giorno il nostro protagonista si rende conto che le cancellature, con il passare del tempo, svaniscono e riemerge ciò che era stato lungamente coperto. Allora egli, speranzoso, attende di passare in quel punto in cui aveva fatto il segno, il primo segno, il suo segno, che si era dimenticato, ma che era sicuro essere perfetto e, una volta visto, di riconoscerlo.

Il suo segno.

Mentre leggiamo, tratteniamo il fiato, anche noi siamo sul Sole e vogliamo ritrovare quel segno, seguiamo ogni passaggio, trepidanti ci sporgiamo per vedere, è quello il segno?

No.

No, non riconosce il segno, Qfwfq passa in quell'esatto punto, ma vede cinque segni e nessuno gli sembra il suo.

Vuoto totale, ecco cosa prova Qfwfq, cosa proviamo noi, una sensazione di vuoto.

Che cosa resta a Qfwfq?

Non è in grado di riconoscere quel segno, il suo segno, e ora?

Cos'è Qfwfq senza quel segno? Da quel segno è iniziata tutta la vicenda con Kgwgk. Da lì tutti gli altri che hanno visto quel segno lo hanno emulato. Ma se Qfwfq lo ha perso, qual è il suo punto di riferimento?


Gaia Ravegnini, 5°H


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