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Immagine del redattoreGiornalino Prometeo

Oltre le barriere della memoria



La demenza senile è una malattia di difficile comprensione. pochi riescono veramente ad immedesimarsi a pieno nella sofferenza psicologica che questa comporta al paziente. In modo particolare, ai giovani riesce difficile comprenderne i sintomi e tanto meno i disturbi che si manifestano nella vita quotidiana.


La prima cosa che la demenza senile compromette sono i rapporti all'interno del nucleo familiare che mutano drasticamente, passando da uno stato di unione e supporto ad una possibile emarginazione e incomprensione della persona affetta dalla malattia, la quale si trova scaraventata di colpo in un mondo “altro”, che non le è mai appartenuto e che non le apparterrà mai fino in fondo. Inoltre, viene compromessa la quotidianità di tutte le persone care, abituate fino a quel momento a rapportarsi con una persona che ora faticano a riconoscere.

Come ogni forma di disturbo neurologico, sappiamo che la demenza non è “contagiosa”, lo sono tuttavia suoi effetti: è difficile farsi comprendere dal malato, così come per il malato è complesso farsi comprendere dagli altri. Perciò il supporto psicologico e la ricerca scientifica giocano un ruolo fondamentale, perché in qualche modo il malato ritorna ad uno stato “infantile”, ha bisogno di continue attenzioni, cure e sostegno da parte di persone competenti per limitare il decadimento cognitivo ed evitare degenerazioni del disturbo ed evitando che il malato si senta abbandonato.


I sintomi iniziali della demenza sono sporadici e di difficile individuazione, come piccole amnesie o dimenticanze di poco conto, lievi sbalzi d' umore e lentezza nella comprensione, tutti segnali che si potrebbero attribuire ad una semplice persona anziana, non più nel fiore dei suoi anni che, come è naturale, sta accusando i primi sintomi di senescenza. Pian piano gli allarmi si fanno più concreti ed evidenti, cominciano a subentrare l'insonnia, l’impedimento nel linguaggio e persino la depressione: col tempo, è sempre più evidente che non si tratti di meri segni di avanzamento dell'età, ma di un vero e proprio disturbo neurologico che conduce la persona affetta ad estraniarsi dagli altri, travolta da un senso di inadeguatezza che la spinge all'isolamento. Assecondare le sue necessità e le sue paure è il modo migliore per approcciarsi al malato. Spesso, infatti, si pensa che sia necessario riportarlo nel “mondo reale”, facendogli implicitamente intendere che lui è sbagliato e provocando così un circolo vizioso dal quale sarà impossibile uscire.

L'associazione ARAD, costituita da familiari di persone affette da demenza senile, si propone di migliorare la qualità dei pazienti con deterioramento cognitivo, attraverso supporto psicologico, centri di ascolto e assistenza, corsi di aperta formazione, supporto domiciliare e legale. Grazie a questa iniziativa io e alcuni miei coetanei abbiamo avuto il privilegio di assistere ad una conferenza formativa e interattiva sulla questione della demenza senile. In questa occasione, i caregivers, ovvero familiari ed esperti che quotidianamente si prendono cura dei malati e li ascoltano prima come persone e solo in seguito come pazienti, entrando nel profondo della loro anima, ci hanno raccontato le loro esperienze con gli anziani colpiti da degenerazione del sistema nervoso centrale.


La demenza priva di molte cose, ma non delle emozioni. Queste permangono, diventano anzi un’ancora di salvezza per il malato, una cassetta di sicurezza del ricordo. Infatti è più probabile che egli ricordi di un avvenimento che ha smosso il suo animo piuttosto che di un importante impegno che si era prefissato da tempo, sicuramente più utile ma che ha avuto un impatto emotivo di gran lunga meno rilevante del primo. Un semplice saluto, un cibo, un profumo, un film, sono tutti particolari che possono rimanere per sempre nella mente di una persona, proprio perché fanno breccia nella sfera emotiva, come immagini fermate per l'eternità, custodite nell'animo più che nella mente. Il ricordo del cuore, in particolare per quelle persone affette da deterioramento cognitivo, è molto più durevole di uno prettamente mnemonico proprio perché va a toccare l'ambito delle emozioni. Esse ci guidano nell'affrontare compiti o situazioni troppo difficili perché possano essere affidate al solo intelletto, ogni emozione ci predispone all'azione in un modo caratteristico e il valore del nostro repertorio emozionale trova conferma nel suo radicarsi nel nostro sistema nervoso come “bagaglio comportamentale” innato: quando si tratta di prendere una decisione, importante o meno che sia, i sentimenti contano almeno quanto il pensiero razionale, che fino ad oggi è stato ingiustamente caricato di eccessiva importanza rispetto a ciò che contraddistingue l'essere umano, ovvero la sua intelligenza emotiva.


Assegnamo un posto di primo piano alla memoria, senza la quale ci sentiremmo persi e vuoti, privati del valore della nostra vita passata. Per il malato di demenza, aggrapparsi al ricordo non è quasi mai possibile, quindi dovrà cercare qualcos'altro che gli dia una ragione di vita. Ecco, queste persone ci insegnano a distaccarci dal passato, a non rimanere troppo legati ai ricordi, che a volte possono essere dolorosi, ma a concentrarci sul presente e ad avere speranze sul futuro, il quale cela la bellezza nella sua incertezza.

Il passato non ci appartiene più, è impossibile cambiarlo: questa malattia nega l'importante aspetto del ricordo ma, al tempo stesso, fa comprendere la forte dignità di un presente che spesso siamo troppo distratti per apprezzare.


Essere ottimisti significa nutrire forti aspettative che, in generale, gli eventi della vita volgeranno al meglio, nonostante i fallimenti e le frustrazioni. L'ottimismo si manifesta come un atteggiamento che impedisce di sprofondare nell'apatia o nella depressione ma si rivela fonte di speranza e grandi vantaggi. Il ruolo di un familiare o di un operatore sanitario è anche quello di costruire un legame emotivo con la persona che hanno davanti, di entrare in empatia con essa attraverso una comunicazione verbale o fisica che rallenti l’avanzamento della malattia. Per entrare in sintonia con gli altri è necessaria una certa calma interiore. Ecco che , perciò la raffinata arte delle relazioni, implica non solo il saper controllare le proprie emozioni, ma anche il comprendere quelle altrui. La relazione di aiuto e di cura richiede dunque altre due capacità emozionali fondamentali, l'autocontrollo e l'empatia. Inoltre ,risulta fondamentale in questo ambito il possesso maturo di una cosiddetta “intelligenza sociale”.


Sensibilizzare i giovani su questo disturbo neurologico attraverso la proposta di una lezione dialogica e interattiva, basata su esperienze personali (di conseguenza ancora più emotive), si rivela necessario per comprenderne l’importanza e la serietà. Facile è cadere nell'indifferenza rispetto a ciò che non ci tocca personalmente, tuttavia, in quanto individui di una stessa comunità, dovremmo sforzarci di aprire il nostro sguardo verso i più indifesi, verso coloro che basano la loro vita sul nostro supporto perché, come disse Erasmo da Rotterdam: “ La prima speranza di una nazione è riposta nella corretta educazione della sua gioventù.”


Cecilia Fuda, IIA


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2件のコメント


marta.corradini
2022年5月30日

veramente bellissimo

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AISHA KARFES
AISHA KARFES
2022年5月24日

Bravissimaaaaa


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